domenica 27 gennaio 2008

caravaggio


Prologo.
Come il santo martire il giorno della sua vocazione
...

Il cardinale mi stava aspettando nel piccolo studio adiacente la chiesetta del paese. Ogni mese il prelato mi convocava per affidarmi piccoli lavori di sistemazione delle parti lignee degli ornamenti sacri o per ritoccare con il colore le statue che addobbavano le pareti dell’edificio. Ero ancora molto giovane, ma lavoravo già da un anno in una bottega di un pittore di Milano e il cardinale riponeva un’insolita fiducia nelle mie capacità artigianali. Entrando nella stanza, il cardinale alzò la testa dal libro che stava leggendo, assorto profondamente in pensieri a me imperscrutabili.
“Ah, il mio giovane artista… stavo pensando a qualcosa da farti sistemare, ma non mi sovviene nulla, per il momento”. Rimasi come al solito abbagliato dal rosso vermiglio del mantello che emergeva dalla tunica bianca come il latte. Restai in piedi ad aspettare che mi dicesse qualcosa o che mi congedasse al più presto, ma quella volta, per un preciso desiderio di “darmi” qualcosa su cui lavorare, il cardinale mi fece accomodare sulla sedia con un gesto eloquente della mano.
“Caro figliuolo, tuo padre mi ha chiesto di insegnarti la dottrina della Chiesa in cambio dei tuoi favori, e ritengo giusto compensare il tuo diligente lavoro con il denaro che Dio distribuisce a coloro che si dedicano anima e corpo alla redenzione dei peccatori. Molte volte mi sono chiesto se questa sia una missione possibile per noi umili servi del Signore, ma la fede nelle facoltà guaritrici della parola divina e le incessanti dimostrazioni dei suoi poteri, mi aiutano quotidianamente ad affrontare con coraggio, speranza e compassione i gravosi impegni della predicazione. L’uomo è inconsapevole di essere un peccatore, poiché agisce seguendo i dettami della carne ed è difficile, anche per noi servitori della Parola di Cristo, prendere atto di essere come tutti gli altri uomini e di peccare forse più delle persone umili e semplici di cuore. La perfezione si raggiunge al termine di una “longhissima via” tracciata dai santi che hanno creduto fino in fondo nell’esistenza del Cristo che si fa carne all’interno di ogni uomo. Tale perfezione non si raggiunge attraverso l’erudizione, l’astinenza o la rinuncia ai piaceri corporali, ma attraverso tre fasi di conoscenza della natura umana, della natura divina e della natura spirituale. Ebbene, se la cosa non ti dispiace, mi metto a tua disposizione per educare la tua anima ai semplici principi di trasformazione della carne nell’amore vivificante di Cristo e infine nella conoscenza del suo spirito.” Il cardinale mi camminava intorno, a testa bassa, gesticolando con le mani nell’evidente sforzo di scegliere le parole giuste affinché potessi comprendere almeno la buona intenzione di tradurre la dottrina cristiana in parole semplici e dirette. Non sapevo cosa rispondere, anche perché il prelato non sembrava interessato alla mia opinione in proposito, ritenendo tale impegno un atto volontario per sdebitarsi dei miei servigi, per cui non potevo sottrarmi. Mi sentii insolitamente nervoso. Giravo il cappello tra le mani come se fossi in procinto di essere sottoposto a un esame di coscienza a cui non avevo mai pensato in vita mia, e mi dimenavo interiormente come un animale in gabbia. “Non voglio costringerti ad ascoltare le mie lezioni e non ti chiederò di comprenderle. Sei ancora giovane, ma hai dimostrato uno spirito di sacrificio nel lavoro che ti distingue dagli altri. Non avere paura di scegliere di rinunciare all’istruzione spirituale, anche perché l’uomo virtuoso agisce secondo la coscienza divina e ogni sua azione, anche la più immediata e istintiva, è pervasa dalla grazia. Il Padre tuo mi ha incaricato di istruirti alla conoscenza della natura umana, delle virtù e dei sacramenti cristiani. Ciò ti sarà di grande aiuto nel tuo lavoro, nella vita e nelle difficoltà.” Il cardinale intrecciò le dita delle mani in attesa di una risposta. Abbassai la testa. Non avevo mai provato un simile turbamento, ma dopo qualche secondo mi sentii più rilassato e annuii, anche se non ero certo che quella fosse una mia precisa volontà. Non avevo mai avuto una vocazione religiosa, anche se mia madre lo aveva desiderato educandomi all’obbedienza, al rispetto e alla buona condotta. Ero un semplice artigiano, ignorante e privo di ambizioni, ma il destino aveva voluto che avessi la possibilità di essere istruito alla dottrina che fino ad allora mi era sempre stata estranea, come il San Matteo che ho dipinto, qualche anno più, tardi seduto a conversare in una osteria della città. In effetti mi sentii in quel momento come il santo martire nel giorno della sua vocazione: la stesso testa china, lo stesso imbarazzo nei confronti degli amici e la paura di non poter più tornare indietro. Cristo mi stava chiamando, dal profondo del mio essere, e San Pietro, nei panni del cardinale, mi indicava tra coloro che potevano intraprendere la Grande Opera e portare a compimento l’annerimento della prima materia. Non avevo scelta. Non potevo che abbassare lo sguardo e farmi riconoscere. Come il santo martire nel giorno della sua vocazione.


Prima lezione:
la natura umana è come un canestro di frutta…..




Le lezioni erano di breve durata. A volte il cardinale mi chiedeva di disegnare il cesto di frutta che si trovava sopra lo scrittoio e senza smettere di parlare, mi indicava le parti del disegno che riteneva non conformi alla realtà.
“Osserva con serenità, non giudicare, lascia che le immagini risplendano di luce propria. Così potrai riconoscere il riflesso opaco di una mela marcia dal riflesso lucente della pera matura, e allo stesso modo, distinguere la differenza tra un fiore appassito da uno appena sbocciato. Freschezza e decadimento, lucentezza e opacità, armonia e contrasto. Solo con un paziente lavoro di osservazione è possibile percepire la composizione in tutte le sue contraddizioni. Non ci sono sfumature da cogliere , ma solo stati di vitalità, di maturazione o di verità. Nella luce non esiste la dimensione del compromesso e della gradazione dei valori, ma unicamente stadi assoluti identificati dal colore rosso, verde e blu. La conoscenza della natura umana ti permetterà di procedere con ordine poiché il giallo, il colore proiettato dalla percezione sensoriale, permette di trasformare gradualmente il rosso in marrone, fino a definire tutte le gradazioni del verde. Questa prima operazione di differenziazione operata dal giallo corrisponde a una specifica opera di apprendimento delle virtù cardinali, l’unico antidoto che l’uomo dispone per discriminare la frutta marcia, il buono dal cattivo, il giusto dall’iniquo. Ecco, adesso il cesto di frutta è ben equilibrato: anche se l’immagine disegnata non corrisponde a ciò che si vede in realtà. Ciò che hai disegnato è un’interpretazione della vitalità, della maturazione e della verità operata dall’anima in conformità a un codice di valori che mutano in continuazione con l’esperienza e la conoscenza. Profondità, equilibrio delle forme e dei volumi, armonia compositiva e discriminazione prima intuitiva e poi cognitiva delle ombre sono parametri che permettono sia all’artista che al discepolo di Cristo di affrancarsi dallo stato di ignoranza in cui generalmente l’uomo carnale sprofonda come in una putrido pantano. La conoscenza della natura umana, così come l’analisi del canestro di frutta, si apprende direttamente dall’osservazione dei comportamenti, dei gesti, delle parole e infine delle cose non dette o volutamente dimenticate. Omettere la parola è ancora più grave di un comportamento scorretto da cui si può ravvedere. Omettere la parola è più grave di un gesto ispirato dall’istinto da cui ci si può emancipare. Omettere la parola è più grave delle parole suggerite dalla pulsione che una volta soddisfatta può essere di nuovo ricondotta al bene. Non dimenticare di rispettare la parola data, ma allo stesso modo impegnati da dare la tua parola in tutte le situazioni in cui ti viene richiesto di ottemperare a un impegno a cui non sei preparato. Le prove aspettano sempre al varco. Non si può sfuggire alla legge della parola data in pegno del denaro, dell’amore, dell’amicizia o della verità, così come non si sfuggire alla legge degli impegni rigettati per codardia, interesse materiale, opportunismo, orgoglio e superbia. Le mele marce si riconoscono non in coloro che non sanno rispettare gli impegni presi, ai quali è sufficiente la legge degli uomini ad insegnare la negli individui che non si impegnano ad affrontare la verità e procedono attraverso la pratica dell’ omissione, della mistificazione o della delega, spesso perpetrata con l’astuzia, l’inganno e la falsità, ad acquisire con determinazione un vantaggio materiale o un potere personale. Guardati dai codardi, dai lussuriosi, dagli opportunisti, dagli orgogliosi e soprattutto dai superbi. La superbia il peggiore dei peccati che l’uomo può compiere contro Dio. Vorrei che tu leggessi con attenzione Sant’Agostino per cui la superbia coincide con la natura decaduta dell’uomo. Osservando le opere, le parole e le omissioni del superbo potrai comprendere pienamente le mie raccomandazioni e discriminare con serenità la luce dall’ombra, la freschezza dal decadimento, la lucentezza dall’opacità, l’armonia dal contrasto. La natura umana, ricordati, è come un canestro di frutta. Apparentemente in superficie gli uomini sembrano buoni, giusti, imparziali e corretti, ma in realtà , nell’Homine interiore decantato da Agostino, cova al suo interno l’elemento che lo conduce rapidamente in putrefazione. La caduta della natura umana nelle paludi putride generate dalla libido è uno dei temi cardine della dottrina del vescovo di Ippona e rappresenta il fulcro da cui può avere origine una razionale adesioni ai principi delle virtù. In ogni forma di apprendimento si deve procedere prima per negazione, affinché possa emergere con chiarezza gli effetti catastrofici generati da lucifero nell’universo siderale. La natura umana è sempre in bilico sul’estremità di un orrido. Finchè rimane sul piano orizzontale anche la frutta bacata presente in un canestro di frutta può essere gradita sia al palato che agli occhi, poichè anche l’errore, la superbia e l’orgoglio svolgono il loro ruolo all’interno dell’armonia”
Le parole del cardinale mi rimasero impresse nella memoria e solo dopo alcuni anni di studio, di riflessione e di indagine sulla natura delle sensazioni fisiche stimolate dalle forme, dai colori e dall’accostamento di elementi diversi all’interno di una unica rappresentazione, riuscii a dipingere il canestro di frutta che il prelato avrebbe voluto vedere dipinto. Anche adesso, mentre mi appresto a dipingere la lucente spada di Davide, ricordo con affetto la raccomandazione del Cardinale di rimanere umile al cospetto di coloro che detengono lo scettro della legge e della conoscenza. “ Sei solo un artista ignorante.Devi rassegnarti a fare della tua vita un banco di prova, di apprendimento e di ricerca. Non puoi illuderti di fare da solo. La conoscenza non è il frutto di un unico albero, ma è il raccolto delle rosse mele che crescono nel giardino delle esperidi. Usa il giallo come sfondo ed emergerà nella tua mente il bisogno di discriminare la bontà di ogni frutto, la giustezza del decoro delle foglie e la proporzione tra le parti non omogenee. Impara l’arte di salire sugli alberi per raccogliere i suoi frutti migliori. Non aspettare che cadano da soli, poichè verità, bellezza e conoscenza emergono nella mente al termine di una selezione accurata di ciò che matura nel cervello degli uomini. Cogli solo la frutta migliore, la più matura e gustosa e non cedere alla tentazione di rimanere pigro ad aspettare che il cibo adatto alla tua anima ti cada sulla testa, poichè ciò non accadrà mai.”

seconda lezione:
Impara l’arte di essere libero....




“Quante volte avrai incontrato nelle strade di Milano le belle zingarelle intente a leggere le mani degli stolti o a rubare abilmente la borsa dalla cintura dei distratti. Eppure il mondo non è malvagio per queste cose disdicevoli, siano esse furti di piccola o grande entità. I ladri sono ovunque, a ogni livello sociale e non c’è distinzione tra una zingara che sfila l’anello dalle dita di un cliente dal fornaio che sfila i soldi dall’acquirente modificando il peso della bilancia. Del frequentare la gente si ricava una meravigliosa chiarezza per giudicare gli uomini. E’ bene, figliuolo mio, che tu abbia esperienza del mondo poichè nel nostro piccolo angolo noi siamo tutti ristretti e rattrappiti in noi stessi; e non vediamo più in là del nostro naso. Domandarono a Socrate di dove fosse. Non rispose: “Di Atene”, ma: “Del mondo”. Lui che aveva la fantasia più ampia e più vasta, abbracciava l’universo come la sua città, estendeva le sue conoscenza, la sua compagnia e i suoi affetti a tutto il genere umano, non come noi che guardiamo soltanto sotto di noi. Quando a Caravaggio gelano le vigne il mio prete ne argomenta che è l’ira di Dio sulla razza umana e che il giorno del giudizio ci sta addossso, senza pensare che si son viste cose peggiori e che le disgrazie, le tempeste, le guerre, le malattie e la peste sono parte essenziale delal vita e della morte dell’uomo, fedeli sorelle da cui non è facile allontanarsi senza essere da esse inseguite. Eppure a colui a cui grandina sulla testa sembra che tutto il cielo sia in tempesta e in burrasca, senza accorgersi che appena a qualche centinaia di passi il sole continua a splendere. Da questi banali esempi di cecità umana puoi capire che noi tutti , prima o poi, cadiamo nell’errore di crederci al centro della scena, mentre invece siamo solo pallidi spettatori di eventi che ci sovrastano, e che ci danneggiano quanto più siano ciechi e stolti. Ma colui che si rappresenta, come in un quadro, nell’atto di osservare gli eventi da spettatore, nell’umile disposizione di essere parte integrante di madre natura nella pienezza della sua maestà; che le legge sul volto una varietà tanto generale e costante di situazioni, di eventi e cataclismi; e là dentro vede, non se stesso solamente, ma tutto un regno, come il segno di una punta sottilissima:quegli soltanto giudica le cose secondo la loro giusta grandezza.” Il Cardinale era un uomo appassionato e non si stancava di ribadire la stretta convergenza di significati esistenti tra la maestà della Natura e la Maestà della Madonna, madre degli uomini che si distaccano dal piano della ceca causalità attraverso l’adesione alla Fede, alla Speranza e alla Carità cristiana. Questo era il suo modo di farmi capire la dottrina, poichè le immagini della realtà sono solo un pallido riflesso dei simboli sacri, capaci di contenere tutto il Regno degli uomini come il segno di una punta sottilissima.
“Colui che abbraccia la fede nei poteri della Madre di generare il chaos perfetto o l’ordine perfetto non può che non essere umile nel cuore e povero di spirito, e cioè essere disposto arinunciare a comprendere attraverso le certezze del pensiero razionalizzatore. Questo gran mondo, che alcuni moltiplicano come specie sotto un genere, è lo specchio in cui guardare per conoscerci per il verso giusto, per cui, caro Michelangelo, specchiati nelle azioni altrui e impara l’arte di dire “non sono questo e non sono quello”. La nostra vita, diceva Pitagora, assomiglia alla grande e popolosa adunata dei giochi olimpici. Qui gli uni si esercitano il corpo per conseguire la gloria nei giochi; altri portano a vendere le merci per guadagnare. Vi sono alcuni, e non sono i peggiori, che non cercano altro frutto che guarda come come e perchè ogni cosa accada, ed essere spettatori della vita degli altri uomini per giudicarne e regolare la propria. Le parole di Persio sono ancora stampate nella mia memoria :
quid fas optare, quid asper utile njummus habet, patriae charisque propinquis Quantum elergiri deceat; quem te Deus esse Iussit, et humana qua parte locatus es in re; quidsumus, aut quidnam victuri gignimur;
Che cosa sia lecito desiderare, che utilità abbia il denaro dura a guadagnare; in quale misura ci si debba dedicare alla patria e ai propri cari; quale dio ha voluto che tu fossi e che parte ti ha assegnato nella vita umana; che cosa siamo e per che cosa siamo stati generati alla vita”.
Ascoltavo in silenzio, a volte sorpreso della facilità con cu il cardinale passava dalla parabola alla citazione latina, come se non ci fosse discontinuità tra le azioni e le parole, anzi che fossero le parole stesse a creare il perimetro di un regno ancora da decifrare.
“lo scopo dello studio non è conoscere a memoria i libri dei saggi ma è capire che cosa è da sapere e ciò che si può ignorare; che cosa sono il valore, la temperanza, la prudenza, la fortezza e la giustizia; che differenza c’è tra l’ambizione e la cupidigia, la servitù e la sudditanza,la licenza e la libertà; da quali segni si riconosce la vera e solida soddisfazione; fino a che punto bisogna temere la morte, il dolore e la vergogna, et quo quemque modo fugiatque feratque laborem, ovvero in che modo evitare o sopportare le pene, quali impulsi ci muovono, e le ragioni di moti ed emozioni così diversi in noi.
I primi ragonamenti con cui devi abbeverare la mente devono essere quelli che regolano i tuoi costumi e il tuo buon senso che ti insegneranno a conoscerti, a ben vivere e a ben morire. Ogni uomo è un artista quando impara l’arte che ci fa liberi. Le arti liberali ci insegnano a vivere ed a usufruire della nostra vita, ma scegliamo quella che serve a ciò direttamente e specificatamente, trascurando di fatto ciò che veramente essenziale a soddisfare la sete dell’anima. Se sapessimo contenere tutto ciò che riguarda la nostra vita nei suoi limiti giusti e naturali, troveremmo che la maggior parte delle scienze e delle conoscenze che si praticano non ci è di alcun profitto; ed anche in quelle che ci sono profittevoli, vi sono disgressioni a pprofondimenti assolutamente inutili, che faremmo meglio a tralasciare, limitando, secondo l’insegnamento di Socrate, il corso del nostro studio in questa direzione, perchè in esse l’utilità fa difetto.
Come Anassimene scriveva a Pitagora: “Con che coraggio posso perdere il mio tempo a conoscere il segreto delle stelle, quando davanti agli occhi ho sempre presente o la morte o la schiavitù?” Come è possibile che un uomo agitato dall’ambizione, dalla cupidigia, dalla temerità , dalla superstizione, più simile al mostruoso Golia che a un essere dotato di sentimenti, possa agire, pensare e creare le cose giuste per sè e per gli altri? Caro Michelangiolo, Golia è all’interno di noi, è il nemico che dobbiamo sconfiggere, poichè è il suo malefico occhio che ci impedisce di osservare il moto del mondo e apprendere le lezioni della vita con umiltà e coraggio interiore. La vera conoscenza è offuscata dalla vista libidinosa di Golia, vanamente proteso a conquistare glorie effimere invece di allargare lo sgaurdo alla dimensione spirituale dell’anima.
Lo sai perchè vinse il piccolo Davide? La sua fionda è il simbolo di come dovrebbero funzionare le due metà cerebrali, collegati sia al centro degli occhi, la sede della coscienza, che al centro del cuore, la casa dell’anima. Non credi che Davide sia la parabola dell’arte di essere liberi dai nemici interiori?“




Non avevo nulla da obiettare. Conoscevo appena qualche storia dell’Antico Testamento, come quella di Giuseppe e i suoi fratelli, ma non pensavo alla Bibbia come un testo da interpretare...Mi era stato insegnato che la verità biblica non si può interpretare e che i testi della rivelazione non potevano essere messi in discussione. Eppure l’argomentazione del Cardinale mi affascinava; le sue parole non erano vane, inutili o dette a sproposito, ma facevano presa in qualche zona oscura del mio cervello.
“L’Antico testamento è un testo di filosofia del riconoscimento di Dio all’interno del corpo umano, mentre il Nuovo Testamento è la rivelazione della scienza della trasformazione del figlio dell’uomo nel figlio di Dio. Il Vangelo descrive il processo di divinizzazione dell’anima attraverso i sacri crismi della coscienza di Cristo. Non pensare che questi temi siano sconosciuti al Santo Padre. Il papa di Roma governa sia la Chiesa che si rispecchia nella solarità delle virtù più sublimi insegnate da Cristo, sia la Chiesa di coloro che affrontano le prove della decapitazione dell’intelletto razionalizzatore, la dissoluzione dell’identità, del nome e della fedeltà allo stemma di famiglia e la crocifissione della volontà di evolvere attraverso il dolore e la sofferenza.
A Roma le due chiese convivono come il giorno e la notte; avrai sentito parlare del papa nero?”
Scossi la testa. Non mi inetressavano i pettegolezzi che giungevano da Roma, capitale del vizio e della depravazione dei sensi e nello stesso tempo luogo sacro e incorruttibile per lo spirito.
“Devi andare a Roma. La tua istruzione sulla natura umana sta per terminare e io non posso andare oltre a ciò che ti ho già detto. Adesso è giunta per te l’ora dell’esperienza diretta, ma prima devo insegnarti il significato della filosofia, altrimenti poco comprenderai della natura divina che alberga dentro di te, come in ogni altro essere. Ma, per favore, dipingi per me la testa di Medusa mozzata da Perseo. Tieni, portati a casa questo libro, ti sarà utile per trarre fonte di ispirazione.”

Lezione terza: la filosofia è uno specchio che riflette chi sei...



Passarono cinque mesi prima di incontrare di nuovo il cardinale. Avevo realizzato uno studio preparatorio di Medusa ed ero impaziente di sottoporlo al giudizio del prelato.
Finalmente, in giorno di Maggio, fui convocato nel vescovado milanese.
Il cardinale mi fece aspettare a lungo prima di rivevermi. Aveva l’aria preoccupata, come se dovesse risolvere problemi scottanti. Tuttavia la sia voce era calma, distaccata e priva di qualsiasi vibrazione. Accarezzandosi la barba bianca il cardinale, pur divagando in molteplici discorsi, giunse infine a sottilineare l’importanza delal filosofia, materia ancora troppo trascurata sia dai clerici che dai nobili.
“E’ molto strano che al nostro tempo le cose siano giunte al punto che la filosofia è, anche per le persone d’ingegno, un nome vano e fantastico, che non serve a nulla e non ha nessun pregio, sia in teoria che in pratica. Credo che ne siano causa quei cavilli che hanno invaso i suoi sentieri.
Si ha un gran torto a descriverla inaccessibile ai fanciulli, e con viso arcigno, accigliato e terribile. Chi me l’ha camuffata sotto quel viso falso, esangue e eripugnante? La filosfia non è il passatempo del malinconico, più propenso a poetare piuttosto che a riflettere. Infatti non c’è nulla di più gaio, di più vivace, di più giocondo e direi quasi, burlone. Il carattere sanguigno è il più adatto a ricercare le sfumature più ridicole presenti nell’animo umano, per cui , oserei dire che il principio della filosofiia è il motto di spirito, il proverbio e la battuta sarcastica, critica e velenosa. Essa non predica che festa e buon tempo. Una cera triste e sconsolata dimostra che la sua dimora non è qui. Non per niente si dice tra il volgo: “prendi la vita con filosofia; come se questa fosse una gran dama da prendere sottobraccio.
L’anima che alberga la filosofia dve, con la sanità, render sano anche il corpo. Deve far risplendere anche al di fuori la sua tranquillità e il suo benessere; deve dare la sua impronta al portamento esteriore e guarnirlo di un’amabile fierezza, di un’aria attiva e allegra e di un atteggiamento soddisfatto e bonario. Il dono lasciato dalla filosfia è la saggezza e il segno più caratteristico della saggezza è un giubilo costante; la sua condizione è come quella delle cose che sono al di sopra della luna: sempre serena. La saggezza del filosofo conta di rasserenare le tempeste dell’anima, e di insegnare a ridersi della fame e delle febbri, non con qualche epiciclo immaginario, ma con argomenti naturali e palpabili. La filosfia ha per fine la virtù, che non è, come dice la scuola, piantata sulla cima di un monte scoscieso, dirupato e inaccessibile. QUelli che l’hanno avvicinata la ritengono, al contrario, situata in una bella pianura fertile e fiorita, da cui essa vede, si, tutte le cose ben al di sotto di sè, ma dove chi ne sa la direzione può arrivare per strade ombrose, erbose e dolcemente fiorite, agevolmente e per un pendio facile e liscio, come quello delle volte celesti. Per non aver praticato questa suprema virtù , comparabile alle potenza della misericordia divina, bella, trionfante, amorosa, dilettevole e al tempo stesso coraggiosa, nemica dichiarata e irreconciliabile di ogni amarezza,dispiacere, timore e costrizione, avente perguida la natura, per compagni la fortuna e il piacere, essi sono andati, seguendo la loro debolezza, ad inventar quella sciocca immagine, triste, litigiosa, corrucciata, minacciosa, arcigna, e a collocarla sopra una roccia, in disparte, fra i rovi, fantasma per spaventare la gente. La Malinconia, sommamente amata dagli filosofi tedeschi in quanto effige di un mondo interiore in cui primeggia la solitudine, la tristezza e un morboso attaccamento alla propria anima carnale, non è ciò che devi ricercare.
I grandi maestri italiani del passato, come ad esempio Leonardo che abbiamo avuto la fortuna di veder lavorare qui a Milano, esercitavano la filosofia come i greci, ovvero come la più elevata virtù solare in grado di proteggere la creatura interiore. Guarda bene che ho detto “creatura” e non l’Homine interiore. L’uomo che vuole con tutto se stesso vivere libero da ogni forma di costrizione, e quindi libero di creare se stesso e la propia vita in forme artistiche, gode dela creatura divina che evolve al suo interno. La creatura deve essere difesa sia dalle tendenze distruttive dell’egoicità individuale, sia dalla tendenze suicide dell’anima psichica, capace di avvelenare il corpo di putriti veleni generati dall’ira, dall rabbia, dalla collera, dall’invidia, dalla gelosia e dal rancore. Adesso puoi comprendere che lo scudo forgiato da Atena per il coraggioso Perseo è l’eroe che si affida alla filosofia per proteggere la creatura dai nemici interiori.
Lo scudo riflette il volto di Medusa così come la filosofia riflette sulle orrendi e velenosi pensieri che serpeggiano nella testa di coloro che sono attratti dalla materia, dalla carne e dall’istinto di possesso. La lezione della filosofia avverte dei pericoloso incedere del nemico per non non venire sedotti, ammalliati e infine pietrificati dallo sguardo del mostro che sospinge l’uomo e la donna a dimenticare di prendersi cura di sè, della creatura che cresce in seno con l’esercizio quotidiano delle virtù. Il pregio e la nobiltà della vera virtù filosofica consistono nella facilità, nell’utilità e nel piacere di praticarla., cosa tanto scevra di difficoltà che i fanciulli ne sono capaci al pari degli uomini, i semplici al pari degli scaltri. La moderazione, non la forza, è il suo strumento, così la riflessione prodotta dallo scudo di Atena è il suo principale mezzo di indagine. Socrate, suo primo favorito, volutamente rinuncia alla sua forza intellettuale per adagiarsi nella semplicità e agevolezza del suo procedere. Essa è nutrice dei piaceri umani. Col farli giusti, li fa sicuri e puri. Moderandoli, mantiene in loro lena e gusto. Escludendo quelli che rifiuta, ci stimola verso quelli che ci lascia: e ci lascia in abbondanza tutti quelli che la natura e la creatura vuole, e fino alla sazietà, maternamente, se non fino alla stanchezza. La filosofia della moderazione è ciò che frena il bevitore prima dell’ubriacatezza e il mangiatore prima dell’indigestione, affinche il corpo possa godere della vita senza recare danno a se stesso e l’avidità diventi nemica dei nostri piaceri. Se le viene a mancare la fortuna comune, essa la rifugge o ne fa a meno, e se ne foggia un’altra tutta sua, non più fluttuante e instabile. Essa sa essere ricca, potente e sapiente, e dormire su materassi profumati. La filosfia che ti voglio suggerire di praticare ama la vita, ama la bellezza e la gloria e la salute. E’ figlia di Venere in Taurus, come dicono i più istruiti alla conoscenza della creatura, simbolo di ricchezza e prosperità, ma la sua funzione filosofica propria e specifica è di saper usare di quei beni con misura, e saperli perdere senza turbarsi: funzione ben più nobile che ardua, senza la quale ogni vita è snaturata, torbida e alterata, e vi si possono aggiungere appunto quegli scogli, quelle spine e quei mostri che serpeggiano irrequieti nelal mente degli uomini, chiamati spesso desideri, passioni e sogni inconfessabili.
Ma il problema di fondo, amico mio, sta nell’educazione dei giovani come te. Hai quasi vent’nni ma non conosci nulla di ciò che è importante da sapere.
Poichè la filosofia è quella che ci insegna a vivere, e poichè, come tutte le altre età, anche la fanciullezza trova in essa di che imparare, perchè non le viene insegnata. Credo che il tuo bel disegno sia l’unica risposta possibile. Le giovani menti hanno bisogno di essere istruite per immagini, con le storie di viasggi e di avventure, nelle stesse forme utiulizzate dalla mente fanciullesca dei filosfi greci, amanti degli eroi, dei mostri da sconfiggere e di interminabili battaglie e di perigliosi viaggi. La mente è come l’argilla, come ci fa capire Persio:
Udum et molle lutum est; nunc nunc properandus, et acri fingendus sine fine rota.
L’argilla è umida e molle; presto, presto, affrettiamoci e modelliamola sull’agile ruota che gira senza fine.Ci insegnano a vivere quando la vita è passata. Cento scolari hanno preso la sifilide prima di essere arrivati alla lezione di Aristotele sulla temperanza. Cicerone diceva che se anche avesse vissuto la vita di due uomini, non si sarebbe preso lo svago di studiare i poeti lirici. Ed io trovo questi cavillatori ancora più tristemente inutili. Il nostro fanciullo ha una fretta assai maggiore: all’struzione deve soltanto i primi quindici-sedici anni della sua vita: il rimanente è dovuto all’azione. Che un tempo così breve si impieghi per dare l’istruzione necessaria. Non sei anche tu d’accordo con me? Hai iniziato a lavorare molto giovane, ma non per questo hai la possibilità di ricevere un’istruzione adeguata alla tua anima. Sei un artista sanguigno e diventerai un ottimo discepolo, prima ancora che un buon filosofo, ma quanti morsi dovrai prendere dai ramarri?



Petite hinc,iuvenesque senesque, finem animo certum, miserisque viatica canis, diceva Epicuro all’inizio della sua lettera a Meniceo. “Cercate qui , giovani e vecchi, un termine sicuro per il vostro spirito e un viatico per la miseraq canizie”. Il più giovane non rifugga dal filosofare, nè il più vecchio se ne stanchi”. Chi fa diversamente, sembra dire, o che per lui non è ancora tempo di vivere felicemente, o che non è più tempo. Ascolta dunque questo consiglio. Ascolta attentamente sulle tue sensazioni, rifletti sui contenuti delle tua percezione del mondo e della vita e rifletti sul significato delle esperienze. La filosofia è un esercizio semplice. Collega tra loro le sensazioni e uniscile con le parole alla percezione delle immagini e infine, chiudi il cerchio dei tuoi ragionamenti stabilendo la necessità spirituale delle tue esperienze affinchè la creatura continui a vivere e nutrirsi di esse. E ricorda: niente avviene per caso e tutto accade per il meglio. Non pentirti di niente e confronta con distacco la filosofia che scaturisce dal tuo essere con quella altrui. Avrai molto da imparare e ancor più da insegnare.

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