mercoledì 23 luglio 2008

Le lezioni del Cavaliere


CAPITOLO II: ROM A CAPUT MUNDI 1592- 1598
Le lezioni del Cavaliere e di Monsignore


Prima lezione: non è questo ciò che ti ho chiesto di fare....

Quando giunsi a Roma nel Maggio del 1492 non avevo con me nulla. possedevo solamente quel poco di arte che il maestro Pederzano mi aveva insegnato a Milano e la buona volontà di imparare ancora. I primi mesi furono molto difficili e mi ammalai nel gennaio del ‘93 di una forma strana di febbre fredda. Le gambe e le mani mi tremavano , mentre dalla bocca schiumava una saliva densa e salata. Anche le gengive dei denti mi sanguinavano con facilità e non riuscivo a deglutire normalmente. All’ Ospedale dela Consolazione non sapevano di cosa si trattasse e difatti i sintomi si attenuarono fino a scomparire del tutto dopo tre mesi. La fortuna volle che il frate francescano dell’ospedale mi prese in simpatia per la mia buona educazione, raccomandandomi di andare nella bottega del Cavalier D’arpino, in quegli anni considerato un valente artigiano dell’arte. Dopo alcuni mesi trascorsi a dipingere fiori e frutta , il Cavalier mi prese in disparte per raccomandarmi di lasciar perdere tutto ciò che avevo imaparato a Milano.
“Michelangiolo, osservo i tuoi lavori e riconosco che sei bravo, hai un certo talento nell’imitare la natura, ma non è ciò che ti ho detto di fare. La vedi questa frutta, e questi fiori?, - mi domandò indicandomi alcune tele appoggiate per terra.- Ebbene, non c’è che dire, dipingi ciò che vedi , ma non è questo che ti ho chiesto di fare. Devi togliere dalla superficie delle cose la polvere che ne offusca la bellezza intrinseca, mi capisci? Devi fare bello anche ciò che non è perfetto e rendere splendente anche ciò che non riflette la luce. La luce è tutto, poichè è la luce che giunge all’occhio e l’occhio non ama i soggetti spenti, privi di vita o inanimati. E se la superficie delle cose non ti appare sufficientemente lucida per riflettere la luce naturale, ti autorizzo a inventare la frutta e i fiori con la tua immaginazione. Devi essere più attento alla superficie degli oggetti e se la superficie non è idonea a ricevere la luce della tua immaginazione , devi togliere la polvere, rimuovere la buccia e lasciare che sia la tua arte ad ammantare di bellezza ogni minimo particolare.” Il cavaliere fece il gesto con la mano di togliere la polvere dal vetro. “Eppoi, non lamentarti che qui dentro è troppo buio. Ridipingi la parete di bianco, circondati di lenzuola, insomma usa un pò il cervello. Il bianco riflette la luce. Lo sai benissimo che non posso farti lavorare nella sala grande. Sei l’ultimo dei miei garzoni, ma mi dispiacerebbe doverti licenziare per la tua cocciutaggine ad essere fedele al tuo modo di vedere le cose. Qui non siamo a Milano. In questa città è richiesta un altro tipo di arte. La verità non interessa a nessuno. Chi compra da me desidera solamente abbellire la dimora e far sembrare lussuoso anche ciò che non è. Ricordati di pulire meglio i tavoli e di essere più puntuale nelle consegne. E soprattutto: ricordati bene di fare ciò che ti chiedo di fare...niente di più, niente di meno.”Seconda lezione: la trinità degli artisti...

Di giorno lavoravo per il cavaliere, mentre al tramonto, nelle profumate sere dell’estate romana, iniziai a dipingere per me stesso con l’intenzione di fissare sia nella tela che nella memoria le parole di chi aveva più esperienza di me. Mi concentrai a dipingere di nuovo la canestra di frutta che collocai di nuovo al centro della tela. La luce delle candele era appena sufficiente per delineare i contorni dei volumi, mentre lo sfondo era buio come la pece. Mesi in pratica le raccomandazioni del cavaliere e mi sforzai di creare una luce solare morbida come quella delle candele, ma nello stesso tempo intensa, bianca e così raggiante da far risplendere non solo i colori naturali della frutta e delle foglie, ma anche l’intreccio della canestra. Non stavo dipingendo dal vero, ma proiettavo sulla tela una immagine che era solo dentro la mia testa. Ero alla ricerca della bellezza naturale, ma tale bellezza non l’avrei ricomposta neppure in natura, pur aspettando con pazienza la giusta inclinazione della luce del sole in una giornata di fine estate. La luce si specchiava sulla superficie delle mele e sugli acini di uva, mente le foglie attutivano il suo diffondersi. Capii che avrei potuto dipingere in quel modo qualsiasi soggetto e così, dopo un paio di tentativi piuttosto incerti, mi decisi di rappresentare me stesso nel gesto di sostenere la canestra. Il disegno, il colore e la luce come terzo elemento mi rammentavano alla memoria le parole del cavaliere che si divertiva a coniugare il sacro con il profano:
“Il disegno è il Padre di tutta l’opera: ad esso si accompagna l’intelletto capace di costruire le forme, le geometrie e i rapporti armonici tra le parti. Al colore spetta il compito di dare l’anima al dipinto, un pò come il figlio di Dio che discende nella materia per riempirla di sentimenti, di ideali e di effetti spirituali. La luce infine è come lo Spirito Santo. Discende sulle forme create dal Padre e vivificate dal Figlio per stabilire la giusta collocazione nell’ordine cosmico. Questa è la trinità che gli artisti devono adorare, affinchè possa discendere nell’animus l’ispirazione divina. Ricordati di puntare lo sguardo sopra il dito pollice che protendi sull’oggetto - il cavaliere mi insegnò il gesto di allungare il braccio destro e di far sporgere il pollice come fosse il mirino di un arciere, - e di osservare i soggetti con l’occhio principale, che una volta aperto non si discosta la sua mira da quello del pollice. Hai capito?.”
Il cavaliere mi chiedeva in continuazione se avvessi compreso le sue parole. Sapeva di essere poco paziente nel descrivere le cose , e per questo si aiutava con ampi gesti dimostrativi. Ebbene. Il mio occhio destro mi aveva guidato e così feci scendere una linea perpendicolare dalla pupilla fino al centro di un fico maturo. Poi costruii il triangolo a partire dal vertice dei capelli, anche se poi mi sembrò un pò azzardato disegnare un ciuffo così elevato. Alla fine decisi di dipingere il lenzuolo bianco dalla parte del braccio destro, poichè spettava al Figlio, ovvero all’anima, assorbire la luce dello spirito e rendere viva la scena.” . Dopo qualche giorno il cavaliere si accorse del dipinto e lo sequestrò. Non ne seppi più nulla., ma fu solo l’inizio...

Terza lezione: evita i colpi, rinuncia al’orgoglio: meglio infingardo che ingenuo.

Dopo qualche mese da quel primo timido tentativo di introspezione, il cavalier D’Arpino mi prese da parte. Era in un certo senso eccitato, ma anche preoccupato del futuro della bottega. Aveva ricevuto l’invito a partecipare al concorso per la realizzazione di un dipinto da fare nella cappella dei frati di santa geniveffa, m anon era certo di volerlo fare.
“Adesso è venuto il momento che devi fare qualcosa per me. Ho menzionato il tuo nome al Collegio dei frati. Lo sai come sono gli ecclesiastici: piangono sempre che non hanno soldi e nello stesso tempo ti lusingano perchè lasciano intendere di avere una forte influenza su cardinali e papi. In questo momento sono pieno di lavoro arretrato da consegnare e non ho intenzione di impelagarmi con un committente così permaloso e difficile da accontentare. Allora ho detto che potevi essere tu l’artista in grado di soddisfare tutte le loro esigenze. In effetti, a parte il caratteraccio che ti ritrovi, sei la persona giusta per leccare il culo quanto basta affinchè non si perda la stima del papa. Tuttavia devo avvertirti che non sarà facile per te comprendere il loro punto di vista. Ti manca ancora la giusta esperienza per trattare di denaro e certamente ti obbligheranno ad eseguire per filo e per segno ciò che hanno in mente di fare. Ciò non significa che devi chinare la testa e subire passivamente ogni loro proposta. Ti suggerisco invece di adottare un comportamento che ti sarà di grande utilità, sia nel rapporto personale con il committente, sia poi nel gestire il rapporto contrattuale. “ Il cavaliere si mosse dalla sedia da dove mi parlava per prendere una grossa matita.
“Vieni, ti spiegherò con un disegno. Da questa parte, nelal sinistra, ci sono i ricchi Committenti. Dalla perte opposta , sulla destra ci sono coloro che lavorano per guadagnare il pane, offrendo il frutto del loro lavoro. Generalmente il contadino al mercato offre la frutta allargando le braccia verso l’acquirente, nel gesto di mostrare la mercanzia e iniziare così la trattativa sul prezzo. Nei nostri contratti invece avviene il contrario e devi stare bene attento alle tue azioni e alle tue parole. Il contratto stabilisce a priori il prezzo che si dovrà pagare per l’opera. Ciò significa che per quanto sarà buono il tuo lavoro, il cliente non sarà mai soddisfatto di ciò che gli viene offerto poichè la considerazione che egli ha del suo denaro sarà sempre superiore della merce che gli viene offerta sul piatto. La bilancia pesa il frutto del tuo lavoro, ma sulll’altro piatto non c’è un piombo qualsiasi, ma un peso tale da far affondare anchei Michelangelo, che , come ben sai, era abile nei contratti e astuto nel far sospirare d’impazienza. Il gioco richiede quindi sagacia, tempismo e una certa dose di vittimismo indispensabile per avanzare riserve di ogni genere e ottenere subito e senza indugio gli acconti necessari per andare avanti. Mi hai capito, vero? Quante volte mi hai sentito dire ai clienti di non poter procedere nei lavori perchè avevo il garzone ammalato, in lutto o con la madre in ospedale? “ Il cavaliere rise da solo. Per fortuna riuscii ad evitare la manata sulla mia spalla destra, ritaendomi come uno schermidore. Quarta lezione: percepire è un’arte, mettila da parte e fanne la tua arte

Trascorsi due anni nella Bottega del Cavaliere, fino a quando il parroco della parroccchia di San Salvatore mi diede l’pportunità di avere la comodità di una stanza dove dormire. Il Monsignor Fantin,anch’egli ospite della parrocchia, mi aveva affidato l’incarico di realizzare un dipinto sul tema della Sacra famiglia su suggerimento del Cavaliere che così aveva trovato la garbata maniera di farmi sloggiare dal retro bottega, in quanto aveva in previsione un allargamento.
Un giorno mi fece visita in camera e si accorse dell’autoritratto in cui mi vestivo con i panni di Bacco, pallido, smagrito e un pò malaticcio.“Interessante questa maniera di commuovere i tuoi clienti. Non pensare di impietosirmi con questi trucchi degni del Cavaliere. Ah, mi piace questo modo di dipingere le vesti bianche, voglio che tu lo faccia anche nel dipinto in cui ci deve essere Giuseppe e Maria durante la fuga in Egitto. Interessante, sì..... “Il monsignore si era accorto delle sottili linee che formavano i due triangoli contrapposti. Non le avevo ancora cancellate e ilsegno era visibile a chi osservava da vicino. “Umh, il numero due! moltiplicato per tre! Due sono le esigenze che insorgono in noi quando consideriamo i fenomeni della natura attraverso la percezione: conoscere compiutamente i fenomeni stessi con spirito critico e assimilarli dentro noi stessi con la riflessione. Il tuo Bacco volge le spalle al sole e questo è un gesto di riflessione, tipico di chi si ammala poichè non vuol guardare in faccia alla realtà, o di chi diventa melanconico, riflessivo e filosofo. I due triangoli contrapposti esprimono un bisogno di completezza che ci conduce all’ordine e l’ordine esige un metodo. Anche gustare l’uva o quasiasi cibo della natura richiede metodo, intelligenza, abilità poichè il metodo facilita l’esperienza sensoriale, affina il gusto e facilita le rappresentazioni. Mangiare è un’arte che si pratica a Roma sin dall’ Impero. Se consideriamo un oggetto in tutte le sue parti e lo afferriamo, prima con la sensazione e poi con la giusta considerazione di quanto piacere sia in grado di offrirci, allora possiamo riprodurlo fedelmente nello spirito, e per spirito intendo le facoltà della visualizzazione, dell’immaginazione e della meditazione creativa capaci di riprodurre lo stesso piacere nella mente, specie se abbiamo fame o desiderio di godere. Dobbiamo quindi scindere l’oggetto secondo una linea orizzontale euna linea verticale. La prima ci permette di appropriarci fisicamente e sensorialmente dell’oggetto, attraverso l’azione e la percezione poste alle due estremità della linea, mentre la linea verticale ci aiuta a compiere il procedimento di assimilazione, di comprensione e di riproduzione operata dall’anima, dalla mente e dall’intelletto. Così com eil cibo scende dall’alto verso il basso, così il cibo della conoscenza sale dal basso verso l’alto. Questo duplice metodo di riflessione è stato definito dai san Francesco con una parola: contemplazione. Chi contempla attraverso questa croce di linee si appropria del nettare divino, gusta il cibo di Dio e sente che ogni cosa gli appartiene, così come gli acini di frutta appartengono a un unico grappolo.

Quinta lezione: chi sale verso l’alto....

Il Monsignore mi fece visita una seconda volta, qualche mese dopo. Avevo appena iniziato a dipingere la Fuga dall’Egitto, ma non volevo discutere del mio lavoro. Gli chiesi di parlarmi di San Francesco e del significato della sua contemplazione.
“Su che cosa contemplava il santo? Non certo sulle immagini, ma sulle parole che l’anima gli suggeriva di scrivere e che egli stesso, in quanto intelletto, non era in grado di comprendere pienamente.” Monsignor Feltrin comprese che le sue parole avevano destato la mia curiosità.
“L’anima evolve attraverso le potenze femminili in forme autonome fino ad assumere una dimensione angelica che trascende la coscienza individuale. La meditazione sulle proprie esperienze conduce il poverello a cedere il passo all’ascesa della sua anima spirituale, capace di salire dal fondo fino alle sommità della sua testa, il Regno dei cieli. Monsignor Feltrin tracciò una croce nella tela, definenso con tre numeri cardinali i tre punti di intersecazione del filo verticale simbolo del cammmino verticale percorso dall’animus (1) per evolvere in mens (II) e infine in intellectus(III). “Sto cercando di semplificare alcuni concetti che sono il fondamento della spiritualità francescana figlia delle intuizioni di Agostino. Cos’è l’elemento straordinario di Francesco? La predicazione e l’intellezione non sono per lui due cose separate poichè attraverso la parole, la costruzione di significati aderenti alla sua personale esperienza, costituisce di fatto il testamento spirituale della sua anima sulla terra. Ogni uomo che abbia cura della sua anima, compie il proprio destino. Ogni uomo che evolve l’anima animale in anima psirituale- e nel pronunciare queste parole Monsignore congiunse il pollice con l’indice- entra in contatto con il fondo (I) da cui può emergere la verità di Dio. Da questo insondabile fondo buio, a cui prima si giunge attraverso un difficile lavoro di rinuncia ai beni materiali, all’onore del nome e allla gloria mondana, il novizio può intraprendere il cammino della conoscenza di sè in quanto “angelo protatore di luce”. Lucifero, l’angelo della rivelazione di cui parlano le sacre scritture, illumina la via dell’assimilazione conoscitiva della luce divina che ascende dal fondo dell’anima fino alla sommità dell’intelletto intuitivo(III), luogo mistico in cui l’essere comunica con la fonte della verità. L’illusione dell’intellectus di Lucifero di acquisire il potere della coscienza e dello sguardo di Dio è profondamente radicato nell’uomo. I due fili della croce non si possono disgiungere. Chi sale verso l’alto deve anche fare voto di rinuncia della libido di dominare il mondo con i poteri angelici e ciò puo essere fatto attraverso l’educazione della mente (II).” Non capivo fino in fondo le parole del chierico, ma quando uscì dalla mia camera, tracciai con più forza la croce e i punti di intersezione e collegai i quattro angoli tra loro a formare uno spazio chiuso. Mi sembrava uno schema buono per dipingere al suo interno San Francesco e Lucifero, entrambi trasformati dal potere della croce di redimere dal peccato originale chiamato da Agostino libido, desiderio di possesso, volontà di dominio, follia razionalizzatrice. Quinta lezione: l’uomo psichico si gfuarda allo specchio...

IlIl giorno seguente Monsignor Feltrin irruppe nello studio in un uno stato di visibile eccitazione.
“Non ho dormito tutta la notte. E’ incredibile. La croce di cui ti parlavo ieri mi è diventata improvvisamente chiara, nitida, come non mai.” Monsignore non stava più nella pelle e mi tolse la matita di mano per disegnare su una tela ancora bianca il triangolo inferiore simbolo della meditazione e quello superiore, simbolo della contemplazione. Vi aggiunse però delle linee vericali e orrizontali che si intersecano in vari punti delle due rette. “ieri ti ho parlato a lungo della retta verticale in grado di descrivere l’iter della trasformazione dell’anima animale, chiamata da San Paolo sarx, in anima intelleggibile dotata dell’ autocoscienza della materia psichica e infine nell’ anima spirituale in cui predomina l’elemento pneuma di cui è fatto l’intelletto intuitivo. Questa linea, simbolo dell’experienta evolutiva dell’anima, interseca la linea orizzontale in quattro punti che descrivono il processo di illuminazione della Ratio. L’anima conosce il mondo reale camminando sulal terra in orrizzontale. Inizia dall’infanzia e poi nell’adolescenza a sviluppare le qualità che avvertono istintivamente la presenza dei demoni della paura della morte e dell’angoscia dell’abbandono. Poi, dopo un proficuo periodo di riflessione sulla concretezza reale delle proprie sensazioni, l’anima giunge nella “rotula”, il punto nodale in cui avviene il passaggio di materia per cui l’ uomo carnale diventa l’uomo psichico descritto dall’apostolo. L’uomo psichico è come Narciso ...” Monsignore mi guardò con aria interrogativa , ma gli feci segno di continuare. Il cardinale Borromeo mi aveva istruito sui miti greci. “L’uomo psichico si guarda allo specchio e si riflette non solo in se stesso, ma ricerca nelle parole, nelle azioni e nei pensieri altrui un riflesso della propria condizione. L’introspezione , la pratica principale di ogni novizio, è un atto di specchiamento dei propri sentimeneti rispetto al mondo esterno, per cui l’uomo comprende gli altri e la realtà che lo circonda in misura proporzionale a quanta esperienza e conoscenza ha di sè, in quanto anima in evoluzione attraverso la carne, la psiche e il pneuma. Osserva ora il disegno. Attraverso l’autoriflessione l’uomo psichico si confronta con il mondo reale e può iniziare un vero e autentico processo di trasformazione della coscienza. Ascoltando se stesso e le proprie parole Narciso apprende l’arte di evolvere dall’autocompiacimento fine a se stesso e inizia a proiettare il desiderio di conoscenza nel mondo dei sentimenti, delle emozioni e delle sensazioni che si trova al di sotto della superficie acquea. Lo specchio di Narciso è lo strumento per definire la croce della trasformazione della libido materiale e narcisistica in amore, desiderio di verità e di conoscenza”
“La croce di San Francesco?” Monsignore non rispose. La campanella dell’oratorio lo stava chiamando da altre parti. Guardai lo strano schema tratteggiato sulla tela e la piccola croce che compariva al centro del triangolo delal contemplazione e immaginai Narciso nell’atto di riflettersi e di riflettere sul mondo in quanto riflesso di sè. Poi l’immagine svanì in un angolo della memoria

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